Il nome Bagnoli deriva da "balneoli", termine che indicava la presenza di zone d'acqua nel territorio. In epoca preromana questa parte della Pianura Padana era infatti un'immensa distesa d'acqua dalla quale emergevano solo i Colli Euganei. Anche in seguito alla comparsa delle terre non collinari l'acqua rimase un elemento presente e caratteristico di questa zona, fino alla completa bonifica del territorio. La nascita di Bagnoli avvenne nello stesso periodo di Arre e Conselve. Il primo documento che parla di Bagnoli riconoscendone il toponimo e la presenza di terreni abitati risale al 954: è l'atto di donazione di Almerico, marchese e duca dei Longobardi, del "Dominio di Bagnoli" al Vescovo di Padova. Nel documento si parla di "curte" e non di "villa" in quanto si trattava di un piccolo borgo in cui però già da qualche secolo vi era una chiesetta dedicata a San Michele. In questi anni non esisteva ancora il convento di San Michele: fu solo attorno all'anno Mille, quando il "Dominio" era nelle mani dei Benedettini, che nacque questo convento come "succursale" del monastero veneziano di San Michele e della Trinità di Brondolo. I monaci Benedettini portarono il territorio ad un'alta efficienza produttiva: realizzarono opere di bonifica, di appoderamento, di difesa delle acque consolidando gli argini dell'Adige e del Gorzone e di costruzione delle prme strade. Ai Benedettini va inoltre il merito dello straordinario sviluppo della viticoltura in queste terre perché accanto al monastero costruirono le più grandi cantine Benedettine dell'epoca. Queste cantine potevano contenere oltre 10.000 ettolitri di vino. Verso il 1424 ai monaci dell'ordine Benedettino successero nella conduzione del convento i monaci dell'ordine dei Canonici Regolari di Santo Spirito. Questi intrapresero una serie di iniziative già progettate per ultimare le opere di bonifica. A questo fine stipularono accordi con i proprietari delle zone limitrofe: è nota una convenzione con Obizzo Papafava, Pietro Papafava, Alessandro Papafava e la famiglia Zorzi per attuare una serie di iniziative comuni atte a migliorare lo scolo dei territori di Bagnoli, Agna e San Siro che frequentemente di impaludavano. Nel 1656, con il consenso di Papa Alessandro VII, il monastero e tutti i beni (tranne le chiese e i luoghi sacri) che si trovavano nel territorio di Bagnoli vennero messi all'asta per utilizzare il ricavato come sostegno alla Guerra di Candia combattuta dalla Serenissima contro i Turchi. Il territorio venne diviso in nove parti: otto furono acquistate per 440.000 ducati dal conte Ludovico Widmann, nobile proveniente dalla Carinzia, mentre la nona parte venne venduta alla famiglia Nave. I nuovi padroni preposero alla cura del paese un loro cappellano privato, mentre Ludovico Widmann fra il 1662 e il 1674 si occupò del rinnovamento della chiesa di San Michele, annessa all'antico monastero di Santo Spirito, facendovi costruire un prezioso altare marmoreo. Verso la fine del 1600 il conte diede inoltre inizio alla costruzione della villa patrizia che ancora oggi sorge nella piazza di Bagnoli e che è conosciuta con il nome di Villa Widmann-Borletti. La villa nasce dalla sistemazione e trasformazione dell'originaria struttura del Convento si Santo Spirito. Adiacente alla villa venne creato un piccolo teatro nel quale recitò anche Goldoni. Goldoni fu ospite del conte Ludovico a Bagnoli due volte: la prima nel luglio del 1755 e la seconda nell'aprile del 1757. Lo scrittore rimase colpito dall'accoglienza avuta da Ludovico e gli dedicò la commedia intitolata La Bottega del Caffè e un poemetto intitolato Il Pellegrino che lo descrive come un signore ricco e generoso. Nel Settecento quindi Bagnoli divenne un centro di scambi culturali e di feste raffinate e oltre a Goldoni altri artisti ed esponenti della cultura e della nobiltà veneziana vennero ospitati nella villa. Ludovico Widmann morì nel 1764 e con la sua morte iniziò il declino di quel mondo festoso e di quella società felice. Di lì a poco l'Italia settentrionale venne invasa dalle armate napoleoniche: i primi reparti francesi entrarono a Padova il 28 aprile 1797 mentre a Bagnoli giunsero nei primi giorni di maggio. Nelle fattorie del "Dominio" si stabilì un reparto di cavalleria napoleonica dato che qui uomini e cavalli potevano trovare cibo e riparo. I soldati durante la loro permanenza a Bagnoli rubarono molte suppellettili domestiche dalle fattorie e oggetti di pregio artistico che impreziosivano la Villa Widmann. Bagnoli in questo periodo visse un momento di difficoltà dovuto al depauperamento delle campagne in seguito all'invasione delle truppe napoleoniche e al disinteressamento da parte degli eredi del conte Ludovico nei confronti di questo territorio. Per loro infatti i risultati economici prodotti dall'attività agricola delle campagne di Bagnoli erano troppo scarsi e la situazione continuava a peggiorare: preferivano quindi trascorrere le loro giornate nel loro palazzo a San Canciano a Venezia. L'ultimo erede della famiglie Widmann, il conte Giovanni Abbondio, in difficoltà economica e pressato dai creditori, fu costretto nel 1856 per mezzo del suo curatore a vendere la tenuta di Bagnoli al principe Pietro d'Arenberg. Quest'ultimo viveva abitualmente a Parigi quindi l'acquisto fu per lui un semplice investimento patrimoniale. Il principe gestì il "Dominio" per una cinquantina d'anni tramite agenti e amministratori ma il risultato fu una gestione negativa che non portò progressi nell'ambito agrario. A Pietro successe nella proprietà il figlio Augusto che non modificò l'atteggiamento di disinteresse nei confronti della tenuta che aveva il padre e continuò ad amministrare il territorio in maniera disastrosa. Durante la Prima guerra mondiale Augusto fu assalito dall'intensa preoccupazione di perdere tutto il suo patrimonio terriero perché spaventato dall'idea che le truppe austro-ungariche potessero invadere il Veneto, dopo che avevano rotto il fronte italiano a Caporetto, e decise di vendere il suo possedimento. Nel 1917 la tenuta divenne proprietà della famiglia Borletti che tuttora la detiene. |
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